Cambiare l’acqua ai fiori

“Cambiare l’acqua ai fiori” | recensione di Annalisa Di Gennaro
La protagonista di Cambiare l’acqua ai fiori, Violette Toussaint, è la guardiana di un cimitero di una cittadina francese (precisamente della Borgogna).
La narrazione procede in parallelo, passando dalla Violette del presente a quella del passato, così che, mano a mano che ci si addentra nella storia, il lettore si immerge in modo del tutto naturale nel tempo della sua prima vita, quando faceva la guardiana di un passaggio a livello e a scandire ogni momento erano le sbarre da abbassare e da rialzare per circa quindici volte al giorno, tra le quattro abbondanti del mattino e le undici appena della sera, per poi tuffarsi nel tempo della sua seconda vita, quando la protagonista si ritrova a fare la guardiana del cimitero in sua custodia, ove riesce a prendersi cura delle tante figure che lo popolano tutti i giorni (visitatori di ogni tipo ed età, ma anche cani e gatti alla ricerca dei loro padroni ormai scomparsi).
Violette è una donna, per forza di cose, molto forte: abbandonata alla nascita dai genitori, lasciata nuovamente ma stavolta da un marito viziato, sregolato e molto più grande di lei, si ritrova poi a dover affrontare la prova più dura che la vita possa riservare.
Ma lei, dopo un periodo di enorme sconforto, riesce a trovare dentro di sé la forza per andare avanti paradossalmente proprio all’interno di quel cimitero, luogo di dolore ma nel suo caso anche di rinascita, come a dire che la vita è sempre più forte della morte, persino davanti ai dolori più crudeli.
La tecnica della narrazione usata da Valérie Perrin è quella del diario. Essa contribuisce, accompagnata da una buona dose di umorismo da parte della protagonista, a rendere il testo scorrevole e di gradevole e appassionante lettura per tutti coloro che vorranno conoscere una donna che difficilmente potrà essere dimenticata, così come la Renée Michel, protagonista dell’altrettanto indimenticabile L’eleganza del riccio.
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